Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

lunedì 28 marzo 2016

In nomine stat...



Letture difficili e letture leggere. Scriviamo e leggiamo, ci documentiamo, condividiamo, ci sfoghiamo...

Il mio blog reca il sottotitolo  di " Letture e parole". Leggo molto, mi piace utilizzare in un certo modo le parole e fruire di chi sa farle danzare.
Parole: quotidiani strumenti; veicolo e forma di contenuti, dove l'uno concorre con l'altro nella generazione del senso. Quel termine, quello spazio, quel segno di interpunzione...

A seconda di come parlo, io esisto - dicevano alcuni. A seconda di come condivido  l'esperienza che ho raccolto, io espongo la mia modalita' di esistenza. Comunicando, accado. Accado con gli altri, in relazione alla mia storicita'.

U. Eco, dando nome ad un famoso e fortunato romanzo, ha riportato a suo modo un detto medioevale :

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.

Ossia: la rosa primordiale esiste solo nel nome, abbiamo soltanto nudi nomi.

L'allusione é alla finitezza dell'individulita' storica, al fatto che l'ingenua pretesa di conoscere la vita si esaurisca per noi in mere inutili definizioni. E non ci accorgiamo dell'impotenza delle nostre strategie a causa di una presuntuosa arroganza cognitiva.

Non sappiamo di non sapere, e ci sentiamo padroni del mondo...

Gli antichi egizi usavano scrivere il nome delle persone dentro un cartiglio: il nome della persona, cio' che la connotava, doveva essere tutelato, inserito in un luogo protetto e ben definito, una sorta di  bolla sacra. Perché il nome (la forma) contribuiva a costituire l'essenza.

Eccolo, il famoso principio della consustanzialita'.

Un trainer sportivo mi ha spinto, un giorno, ad allenarmi eseguendo esercizi mentre pensavo al mio nome. Diceva che il nostro nome e' legato alla sua storia, alla storia del suo legame con il nostro vissuto. Secondo questo istruttore, quindi, concentrare la propria attenzione sul vissuto personale condizionerebbe in meglio la performance in corso.

Incapace di trattenermi, ho fatto le domande piú ovvie (almeno per me): vuoi che mi concentri sul vissuto personale o su cio' che credo di ricordare di esso?
... Non e' che senza saperlo o volerlo, attivo delle brutte emozioni? E se poi sto male, che giovamento darebbe questa mia attivita' all'intera persona?
Che noia, i filosofi!

Un nome racchiude una storia, dei nessi, un senso... Ma  quanto sappiamo di essi?
Quanti modi di dire, quanti luoghi comuni assumiamo per certi senza averli davvero indagati?

In che modo siamo in grado di usare il linguaggio? Quante volte ne siamo invece giocati?

Racchiudo il significato che il mondo ha per me dentro alcune parole, nomi, lettere, numeri... Adopero codici condivisi e acquisiti.

G. Wilhelm von Leibnitz e' morto inseguendo un progetto utopistico: creare un linguaggio universale perche' l'uomo potesse davvero capire se stesso insieme con l'altro.

"Quando gli uomini arriveranno finalmente a sedersi attorno ad un tavolo e inizieranno a contare, allora finalmente riusciremo a capirci!"

Era un po' questo il messaggio che di lui ci e' stato trasmesso. Leibnitz riteneva che la matematica, con i suoi simboli univoci, fosse lo strumento universale di comunicazione, l'eccellenza.

L'eminente filosofo mirava a costruire un codice di comunicazione universale, che rendesse possibile la condivisone di idee chiare e distinte.

Gli studi ai quali mi dedico da un poco di tempo certificano (non si limitano a teorizzarlo!) che ne esiste gia' uno, da sempre: un linguaggio universale connaturato in ogni individuo.

Civilta' diverse, distanti nello spazio e nel tempo, si incontrano nella comunanza di un fenomeno che ognuno di noi sperimenta anche oggi: si tratta del SOGNO.

Aristotele stesso, a sostegno di tale assunzione, piu' di qualche secolo fa chiedeva: se il sonno servisse SOLO a recuperare le forze, per quale motivo l'umanita' sognerebbe? Tutto in noi manifesta una funzione vitale, e dunque...

Il sogno: una sequenza di immagini, una storia, emozioni... Riflessione della nostra vita che accade. Il suo backstage.

Ai tempi del liceo ho avuto a che fare con il greco antico. Traducevo le testimonianze di autori piu' e meno importanti.  Per farlo sfogliavo fino alla noia un pesante e ingombrante strumento: il dizionario greco-italiano, l'ammiratissimo e odiatissimo "Rocci".

Una miriade di fogli sottili che, per ogni termine indicato in grassetto, ostentava impietoso colonne e colonne di informazioni diverse.
Un'impresa verace, quella di mettere insieme in modo sensato le note.

E siccome agli inizi non ero proprio sagace, finii per raccontare, tra le risate di molti, - si trattava di un disastroso compito in classe - , che il brano che avevo tradotto parlava di un cammello che prendeva il largo, verso il mare aperto.
Ma poi, con toni alterati, il docente spiegò che il senso cui alludeva quel termine ("camel", appunto) rimandava al concetto di nave.

Cambiando il contesto (il mare), cambiava il riferimento (la nave), e con esso, il senso del discorso: quel nome restituiva così una sostanza diversa da quella su-esposta.

Il racconto (la parola) si svolge sul piano dell'analogia, evocando  immagini che portano senso.  Non conta l'oggetto evocato (nomina nuda), ma cio' cui esso rimanda (pristina rosa). E assume valore preciso per me che lo incontro, e che ne accolgo l'appello per come son fatto.

É  quindi nel dialogo con chi la riceve che la plurima voce dell'immagine evocata si incanala nella corretta espressione leggibile.  Il sogno é  la voce multimediale di chi lo produce e di chi, la stessa persona, é  destinato a fruirne.

Letture e parole: visione e racconto di storie infinite...Le nostre.

Il Mio Blog: uno spazio per pensare.








giovedì 24 marzo 2016

Un'altra sfida

Tempo fa ho raccolto la sfida di Mauro Rossi, che invitava simpaticamente me ed altri amici a comporre una ballata sulla Vecchia Abissale.

Mauro Rossi è l'avatar del dott. Daniele Bernabei, eminente professionista della psiche, informatico, psicoterapeuta, formatore, blogger... E tanto altro.

I suoi corsi illustrano dinamiche che viviamo molto spesso in modo inconsapevole. Non sempre con vantaggio personale.

 Si tratta della rappresentazione di una forma di psicologia che nega il piacere della vita, utilizzando in maniera perversa il canale dell’erotismo e del piacere sessuale. Si tratta di un modo che viene trasmesso da tempo immemore attraverso le generazioni, e passa per la frustrazione di "una vecchia”, ossia di chi ha in sé quel senso di insoddisfazione e di rivalsa dovuta all'incapacità di vivere secondo il naturale sano piacere d’esistenza.

Oggi, un po’ per gioco, ma neanche troppo, su sua sollecitazione, ho composto questo dramma (e di dramma si tratta) in toni misti, per illustrare un po’ più approfonditamente, sia pure in modo scherzoso, di che si tratta.

Non lasciatevi ingannare dal modo giocoso perché, realmente, si tratta di una cosa serissima.

Confesso che lavorarci su ha avuto un effetto strano: un po’ pesante, un po’ divertente, un po’... Vaccinante!


Buona lettura!!




Intervista con la vecchia Abissale




Si apre  il sipario. Sullo sfondo un grande pannello che riproduce il quadro di Klimt "Le tre eta' della donna".
Entriamo nel sogno.

Personaggi:

I - Intervistatore
V.A. -Vecchia Abissale
Ngenua - la madre di Candida, figlia di V.A.
Candida - figlia di Ngenua e nipote di V.A.
Post - postino.
Serpente - serpente dalle scaglie lucenti
V.C. - vecchie crepacce (meno abissali di V.A.)
Cerbera -la cagna dalle tre identiche mortifere teste



I - E cosi', signore e signori, buona sera. Ci troviamo in questo stadio per una intervista che non ha precedenti! Questa sera avremo modo di raccontare cose che si incontrano solo negli incubi più' alieni, quelli che vediamo accadere non solo di notte, ma durante tutto il giorno. Incubi di morte di cui avvertiamo l'incombente presenza  senza però prestar loro la dovuta attenzione.

Qui con noi la Vecchia Abissale, con la sua funerea veletta nera, che salutiamo cordialmente.
(applausi clamorosi dalla cavea).
La figlia, la signora Ngenua, dignitosamente vestita...
(applausi più' ovattati)
..E la bella e giovane Candida, esponente chiave della terza generazione!
(vocio in sala, e colpi di tosse).

Gentili signore, si percepisce a distanza che siete molto unite: un legame profondo e duraturo vi lega da tempo immemore.
La prima domanda che mi viene da porVi e': come possono, generazioni diverse che vivono, si formano e agiscono all'interno di contesti tanto distanti, consistere spiritualmente in una identità' trinitaria che potremmo quasi definire "metafisica"?

Ngenua - Mio caro signore, ma non sa che una figlia e' sempre una parte della madre? Una sorta di  prolungamento... Ecco, come un tentacolo per il polpo. E come potrebbe mai essere altrimenti, scusi?

Vede, mia figlia, quella bella giovinetta attraente seduta al suo fianco, che la inebria col suo visino e quella nuvola vaporosa di profumo? Lei e' MIA, viene da me, e non può' non somigliarmi!
D'altronde, con tutti i sacrifici che ho fatto per lei, mi sembra proprio il minimo!
Mia figlia, al contrario di me, che sono un'ignorante verace è invece un'ignorante dotta. Lei ha studiato tanto, mentre io sono stata bocciata in quinta elementare.
Ci somigliamo, soprattutto nei gesti e nei sentimenti.

I - rivolto a Candida: signorina cara, lei cosa ne pensa in proposito?

Candida - Beh..Io... Cioè, veramente... Senta, c'e' quel suo amico, alla regia, che e' proprio figo! Non e' che posso aiutarlo... Magari gli tengo il microfono in posizione...?

Ragazza!! ( interviene imperiosa V.A.)  NON DEVI ! Tu puoi guardare, pensare, ammiccare... Ma NON DEVI. Non puoi !

Insomma, Candida - si intromette Ngenua - io non ti riconosco proprio: sei mia figlia o no?

Candida - Vabbè ma'... Ma che palle. Stai placa, mica volevo fare porcate... Lo so che certe cose non si fanno... Mai in pubblico, almeno!

I - Signore... Signore, per favore... Ricomponetevi, il pubblico ci osserva!

V.Abissale. - E meno male, senno' che ci stiamo a fare qui?? Io sono vecchia, di una vecchiaia abissale per giunta, e la mia esperienza, lei capisce, non posso mica sprecarla. Le pare? Siamo qui per questo! Per infondere i giusti insegnamenti alla progenie dell'umanità' tutta.

   Ecco che accade di nuovo, vede? Mia figlia Ngenua arrossisce sempre quando sta in pubblico. Lei penserà' che e' timida, che si vergogna. Ma non si lasci incantare... Non si vergogna mica perché' la guardano...  Si vergogna perché' le piace che lo facciano (alzando la voce a mo' di rimprovero) E SA CHE NON DEVE PROVARNE PIACERE.

Già, perché' lei mica e' una sporcacciona, nooo? Vero, cara? Non diventi rossa per via dell'eccitazione che io ti sto trasmettendo adesso... Nevvero!?

Ngenua - No, mamma cara, che dici? Io non tradirei mai i tuoi santi insegnamenti. Nemmeno ci penso a certe cose... E poi, ho superato l'eta'... Sono una persona seria e rispettabile, io, timorata di Dio...

I - Va bene, va bene, signore care, un'altra domanda: come vi rapportate al sesso?
Voglio dire: perché nasca un figlio,  bisogna che il seme dell'uomo entri nel ventre di una donna... Insomma, la pancia e' bella se ha fatto festa, no?

V.A. - Ma che dice? Non la vede la mia buzza sporgente? La trova davvero cosi' attraente? Se lo lasci dire da chi ha su di sé l'esperienza degli anni... D'altronde non sono diversa da sua nonna! Sono solo illusioni effimere: il piacere, l'amore romantico, tutti quei sospiri!

Gli uomini son tutti uguali... Suonano tutti la stessa musica! Soddisfano il proprio egoismo, si sfogano dentro di te e poi chissenefrega. Meritano di essere ADDRIZZATI ! Noi donne, che dedichiamo loro i migliori anni della nostra vita, sacrifichiamo tutte noi stesse facendo loro da serve... E poi, quando siamo sfiorite, quando svanisce quella bellezza che li aveva attirati... Puf, spariti. Ci chiamano "vecchie streghe" e si danno alla fuga.

Io l'ho insegnato a mia figlia, e lo deve sapere anche mia nipote, la povera piccola Candida, che non si può' soffrire per queste cose. Che devono pagare tutto, questi porci!

Ma guardi che angioletto di ragazza, non vede come e' liscio il suo visino? E guardi i suoi piccoli seni ...La guardi, la osservi, cosi', DRITTO negli occhi. Che splendidi occhi, nevvero?
Uguale, uguale a me quando avevo la stessa età.


Dal lato sinistro entra un postino... Guardando fissamente V.A., va dritto dall'intervistatore, declamando a gran voce: mi raccomando signor I., ricordi che il messaggero non ha mai colpe!

I. apre la busta che il Post. gli ha dato. Ne estrae un foglio dattiloscritto: ha un aspetto normale, quello di un messaggio inviato in un dato momento.

E legge:

Gentile e paziente pubblico, approfitto di questo spazio privato per informare lor signori di un fatto cui sono stato triste testimone.
Una donna confusa, seguendo le istruzioni materne, ha giocato col fuoco sino a bruciare. Bruciare se stessa, bruciare il lavoro di molti, bruciare la memoria di alcuni, e bruciare molti molti soldi.

La notizia è arrivata attraverso una rete di scambi, e quando è arrivata alla madre le ho sentito gridare, con la calma mortale di una stridula voce gracchiante: fate bene a dirmelo, così posso farmene pensiero: non aspettavate che questo, e pure io è ciò che mi aspettavo!

Perdonate signori, ma ho provato un terribile senso di orrore.

In quel momento di gelo ho avuto una breve visione: era una donna grassa, vestita di nero. Ella sedeva davanti ad un uscio, come usano fare le vecchie donne di paese.
 Il velo scuro sul capo sovrastava quella massa immobile così malvestita, e solo un ghigno feroce era chiaro su quel volto indistinto...
E allora ho capito perché gli eventi hanno seguito quel corso.

La vecchia ghignante, annoiata e frustrata, ha sognato una vita che non poteva più avere, perché non l'ha mai costruita.  E così ha mandato qualcuno, ancora attraente, a coinvolgere e stringere fili...

Ma siccome era altra, diversa da sé, sia pure inviata e guidata da lei, la giovane donna che aveva ciò che la vecchia non poteva nemmeno sperare, è dovuta perire. E con lei tutto ciò che quel sogno recava di buono.
Stasera non è con noi.
Il suo nome è Egemona.

Una bomba lanciata contro la vita da chi la vita non ha.


I. (Si rivolge agli astanti) E che? Qualcuno ha qualcosa da dire? Chi muore e chi ghigna...

Ngenua - se permette, gradirei dire anch'io qualcosa... Sa, V.Abiss. mi è testimone, una madre è costretta a subire davvero di tutto! Già la gravidanza, di per sé, è  stata un vero inferno! Nove mesi, dico nove lunghi infiniti mesi costretta in un letto...

 E per fortuna che ero a casa di mia mamma. Eh, povera donna, se non ci fosse stata lei! Io e lei, l'una per l'altra, in attesa che questa creatura venisse al mondo!!

I.- Ma, scusi... E perché'? Voglio dire... E suo marito, il papà di Candida?

V.A. - Oh ma che vuole che capisca un uomo! Certe cose vanno curate tra donne. Gli uomini...Bah.

Ngenua - Beh, in effetti lui mi voleva a casa, ma sa mia madre... Si è presa così tanto cura di me che mi sembrava di essere tornata bambina! Che vuole che dica, all'esperienza DETTATA da una madre non si può certo dire di no!
... Comunque, le dicevo, dopo il parto (tre figlie, dico, mica una soltanto) mi sono beccata una vera intossicazione. Insomma la gravidanza e' stata come un avvelenamento... E quando ho allattato... Non ha idea di quanto ho sofferto!

Quanto ho silenziosamente odiato quelle creature! Ma poi il senso di colpa ha prevalso e tutto quell'odio si è trasformato in un infinito amore, un infinito amore incorniciato dal mio sacrificio.
La mia fiorente bellezza di donna perduta per sempre.

Candida, per niente interessata alla esplicita in-gratitudine della madre per il  dono della sua nascita, si guarda nervosamente intorno in cerca del regista. Sta pensando a un modo di attirare la sua attenzione. Vuole proprio tenerglielo lei, quel microfono...

Insomma - riprende lamentosa Ngenua - lei parla di pancia felice, ma ora la mia è un pò raggrinzita, sa? Ha perso tono ed elasticità. Ho cambiato anche l'odore... Non sono più così attraente per nessuno. Le assicuro che non è una bella ricompensa questa!
Si, uno sfigato l'ho trovato... D'altronde sua moglie era proprio una cozza! Una certa Olivina, Olivetta... Vabbè, lui diceva che gli piacevo comunque.

I. - ma scusi, e a casa? Voglio dire: con le figlie, col marito...?
Beh...Ho seguitato a fare "la donna di servizio" a casa (e dove andavo? Mica potevo mettermi a lavorare! Figurarsi... Non lo avevo fatto fino ad allora!). Le figlie lo sapevano, certo: tra donne ci si sostiene, ci si consiglia... Ma lui no. Mica potevo dirlo, sennò poi dove andavo? Però lo aveva capito, e infatti, poi, me lo ha spiattellato in faccia! Capisce? Pure questa umiliazione, dopo tutto quello che ho fatto per lui.

V.A. annuisce con aria grave, rigidamente composta sul suo sedile, mentre Candida cattura lo sguardo del povero regista. Lo osserva, si liscia ostentatamente i capelli e sorride con una espressione di puro trionfo...

Ngenua - Poi è stato il turno della figlia: si, è vero che era maggiorenne, è vero che aveva un lavoro... E' vero che lui le ha dato un fracco di soldi... È vero pure che le ha procurato un posto in cui vivere... Ma l'ha sbattuta fuori di casa per via di un vizietto che aveva ereditato da me e dalla nonna! Ed era convinto pure di aver fatto la mossa giusta! Lui! Ho dovuto parlare con amici e vicini per salvare la faccia, raccontarla a modo mio... Sennò chissà cosa avrebbero pensato.
Ah beh... Comunque le posate d'argento fasullo me le sono prese io, eh, mica cavolo!!

I. - Ehm, capisco... Si forse un pochino... Ma scendiamo in un campo più gradevole... Così alleggeriamo un po' l'aria...Dunque, vi piace cucinare? La vostra dieta. ...

Candida - Signor I. , se non lo avesse capito, io sono una mangiatrice di uomini. Sa, mi piacciono tanto! E poi alcuni sono così teneriii!

Ngenua - Si si, riesce a capirlo? Tutta quella energia... Insomma, ti elettrizza!  Pensi, ne beneficia pure V.Abiss.! Quando c'è  un uomo per casa lei appare più viva, meno smorta,  insomma... Un pò come in questo momento. La osservi.

I. (Preso da una inquietudine forte, muove le gambe come se volesse scappare. Ma il suo ruolo lo tiene incollato al sedile. E forse non è solo quello. Deglutisce e formula la strana domanda) - Mangiatrice? ho l'impressione che il senso sia quasi letterale. Insomma, lei si nutre della loro energia... Solo così la V.A. potrebbe tornare a ringiovanire. Ed è proprio quello che accade, giusto?

V.A. - Certo, mio caro, cosa credeva? Quale siero può tanto? Mi dirà che purtroppo l'effetto svanisce dopo un po'. Il nutrimento si disperde, è evidente, altrimenti sarebbe fantastico. Dove vada a finire non so... Ma in fondo che importa? Io godo del mio... (risata stridula piuttosto agghiacciante).

   Mica è il sangue dei vampiri cinematografici, robetta da educande quella.
Nosferatu, Dracula... Sono missionari di pace a mio confronto.
Il cibo di cui mi nutro è l'anima degli esseri umani.

Un grosso serpente dalle scaglie lucenti scivola rapido attraversando la scena. Indisturbato, percorre sibilando lo spazio vicino ai piedi delle signore, e svanisce nella penombra, in direzione del pubblico.


Candida ora ha un'espressione sinistra. Non è il ragazzo ciò che le interessa davvero, ma il fatto di poter dimostrare alle sue degne maestre che anche lei sa predare. L'esperienza delle vecchie frustrate ha nutrito il sangue di quel bel corpicino, e la sua anima si dirige, con loro, diritta al sepolcro.
   La freschezza della vita sfiorisce nel torpore di un modo assassino.

V.A. osserva fiera la scena.

I. finalmente capisce: ora lui sa che il cerchio si chiude, per non avere mai fine. Come un serpente che si mangia la coda. Quella più triste uccide le altre nel far loro uccidere altri. Dalla madre alla figlia, e da questa alla figlia...E ancora e ancora... Lady Mcbeth, al confronto, è un fiore di campo!
Lui ora sa, ma  avverte una strana tensione... Rivolge lo sguardo di lato, verso quel corpo leggero, sentendo una forza che lo porta con sè...

Candida avvicina prontamente la sedia ed ammicca un sorriso ammaliante, sporgendo le labbra rossissime in una smorfia vezzosa. E davanti all'invito di quei giovani seni perfetti e alle ciglia sapientemente sbattute, l'intervistatore si lascia cadere, incontro all'abisso che la Vecchia ha preparato per lui.

La seduzione è potente e lo lascia indifeso, confuso e distratto... I. non sa più perché è là, seduto vicino a tre figure così somiglianti, che emanano il gelo che da dentro si espande.
Si guarda attorno: sullo sfondo un quadro pieno di simboli arcani, vede il pesante sipario, ed il pubblico. Intanto che la sua coscienza si perde, sfumando nello sguardo impietoso ed altero della giovane Candida.

V.A. - (con voce gracchiante) Tu SEI SUO E SEI MIO...Tu, maschio ottuso e volgare, SEI NOSTRO! E pagherai, caro mio, come tutti gli altri, per quello che sei e che rappresenti. E morirai si, DEVI morire perché' ora lo sai, hai visto l'Abisso che dura da tempo indicibile...

Anche nella sala accade qualcosa di orrendo... Gli uomini guardano scioccati il proprio ventre gonfiarsi,  come se lo sguardo rovente di V.Abiss. li avesse misteriosamente ingravidati. E avvertono all'interno dolori mortali, come causati da morsi di famelici denti di topa. Qualcuno muore...

Ormai è chiaro che tutto è  perduto.
È troppo tardi per tornare indietro.

Alcune Vecchie Crepacce (V.C.), tra il pubblico, provano un orgasmo satanico mentre i loro compari esalano gli ultimi preziosi respiri.

V.A. osserva orgogliosa la scena: urla e lamenti riempiono l'aria già rarefatta, e per pochi incredibili attimi, V.Abiss. sembra tornare Candida ...

Muoiono anche le donne, dalle più giovani alle più tarde... Ed ora anche Ngenua ha la pelle più liscia. 
L'intervistatore crolla, svuotato, al suolo; sulla scena rimangono tre identiche giovani donne... Si tratta sempre di Candida.

Le tre, ormai re-incarnate, si alzano.
Dai loro ombelichi s'intreccia un cordone che le unisce al sottocoda della terribile Cerbera, la latrante cagna dalle tre identiche mortifere teste.
Guidati da Cerbera il quartetto si allontana, già pronto per iniziare nuovi festini.

Sei indistinguibili volti, quelle dell'ossessione possessiva e assassina del richiamo mortale del sesso male vissuto e ancor peggio utilizzato.

Lentamente si chiude il sipario, intessuto di spire che riproducono il ghigno orgoglioso della molteplice unica Candida.

Attraversa di corsa la sala il postino, con la borsa rigonfia di messaggi in consegna... Superstite necessario a mietere nuovi raccolti.


La luce, gradualmente, svanisce.







venerdì 18 marzo 2016

Giochi nuovi

Nel 1982 Milan Kundera ha scritto un romanzo dal titolo La insostenibile leggerezza dell'essere. Quando lo lessi ero molto giovane, ero l'imperfetto prodotto di un processo educativo, rigoroso ma ottuso, che opprimeva e mi schiacciava entro i confini di una tradizione ortodossa degna delle retrive culture dei paesi del sud.

Le parole del libro tingevano di libertà e trasgressione tutto ciò che a me era stato indicato come perverso e dannoso.
Un'altra visione.
E siccome allora ragionavo per contrasti (ciò che non è brutto è necessariamente bello, ciò che è vietato deve essere libero etc.), decisi che avrei percorso anch'io la via della libertà.
E' stato l'inizio di una serie di errori di comportamento, sulla cui ombra ho camminato per anni.
La mia decisione è avvenuta da sè,  per default.

La costellazione del serpente é  un blog di notevole spessore che seguo con estremo interesse. Tra i post dell'autore tre sono esplicitamente dedicati proprio al concetto di "default" (modulo 1, modulo 2, modulo 3): ne consiglio vivamente la lettura!

In essi è  spiegato come noi uomini tendiamo a dare per scontato un pò tutto,  e agiamo e reagiamo senza davvero "stare sul pezzo". 
Ossia: non ci soffermiamo a valutare l'attualità della situazione... Inseriamo direttamente la marcia e partiamo.
 Spesso verso il casino.

Il fatto è che siamo "animali economici", e nel nome del risparmio, finiamo col riutilizzare nei contesti più  inappropriati quelle stesse strategie che in precedenti occasioni ci hanno portato al successo. Così, magari, ci ritroviamo a spendere molte energie per attuare un comportamento non utile in quel momento.

Questo il default: una fregatura.

Un grave e comunissimo errore, insomma, e' quello di non impegnarsi nelle dovute verifiche.

Così alla sottoscritta é capitato di impegnarsi tanto per esercitare la propria rivendicata quanto ambita libertà, per poi scoprire, a distanza di tempo, di essere andata nella direzione opposta, in barba agli sforzi compiuti. 
Che disdetta!

Insomma, per default, restiamo spesso bambini. E una società che, per default, tende a non andare avanti, é una società che va indietro.

Un amico, a proposito dei miei post, esprimeva commenti sullo stile. Mi ha invitato a cambiarlo per gioco, ogni tanto, per esercitarmi ad essere "non riconoscibile". 
Ho deciso così di provare.  
E l'ho trovato difficile. 

Io scrivo in un modo che mi viene da sè... E ho scoperto che lo faccio utilizzando il mio stile... Di default!

E mi e' venuto il sospetto che questo possa accadermi anche al di fuori del blog, con gli altri, nella gestione delle mie situazioni...

L'amico ha ragione: per evolversi é necessario acquisire nuovi modi, entrare in giochi diversi.

L. Wittgenstein definiva i giochi (lui parlava di giochi linguistici come espressione di visioni del mondo) come "forme di vita". 
Riteneva che l'uomo, nel passare da un gioco ad un altro, acquisice una maggior consapevolezza di sé,  perché  ognuno di noi é  in connessione continua con gli altri. I giochi stessi, proprio per questo, sono già sempre comunicanti tra loro.

Caro amico hai ragione: per crescere devo impegnarmi a sperimentare giochi diversi!






lunedì 14 marzo 2016

Se piove...


"Non è  detto che se usi l'ombrello mentre sei sotto la pioggia rimarrai asciutto". Questo mi ha detto una volta un amico vedendomi zuppa, affranta, e con il mio paracqua sul braccio.

 Un'asserzione assai poco gradita, ma di certo istruttiva. Soggiunse difatti la dritta su come spostarmi da quell'acqua impietosa.
Si trattava di un vero diluvio, che svuotava il mio corpo dalla sua forza normale.

Che cosa vuol dire?

Se qualcuno sta per picchiarti e tu sai come fare a difenderti, ok: assumi la tua posizione.
Se poi per sventura tentenni nella tua abilità ma l'avversario è un poco sbilenco, va bene lo stesso: aggiungi un pò di colore ai tuoi gesti ed enfatizza l'azione. Il pavone alza la ruota, le fiere ruggiscono facendo mostra dei denti, gli uomini cambiano tono e volume alla voce...

... Ma se l'altro è  più grosso e più organizzato di te, allora portati altrove la tua abilità. Devi spostarti dall'acqua che cade scrosciando, e metti in azione un piano di sicurezza.
Non ce la faresti altrimenti.
Ma poi come fare? 

   Sun Tzu scriveva - diversi e diversi secoli fa - che la guerra si vince senza dare battaglia, ascoltando soltanto la vita che scorre.

E'  necessario soprattutto conoscere sé, e sfruttare gli accadimenti reali. Ascoltare la direzione del vento, osservare la posizione del sole, valutare lo spostamento dei nembi e studiare la geografia del luogo: sintonizzarsi all'interno della natura, per usarla ed usare se stessi.

  E questa vera capacità  di visione consente di cogliere l'altro anticipando l'azione. Ed evitare così noiosi ed inutili scontri.

Vince la guerra colui che sa prevederla, e quindi evitarla.
Coerenza interiore, saggezza e pazienza.

Ma la paura ci prova, questa brutta, arida e fredda signora che lestamente ci invade le membra, smaniosa di farci dannare. La devi ignorare. Partire da te e da quello che hai.

Respira ed osserva la scena, come se fossi in un sogno. 
 Guardati intorno e studia l'ambiente, vedi che accade, chi c'è e cosa senti. Ascolta le emozioni che provi e fanno vibrare il tuo corpo.
 Forse chi vuole colpirti è davvero un nemico, e se è più organizzato devi tagliare la corda. Recidere il filo che ti collega a quel vuoto.
 Trova qualcosa di più vantaggioso da fare.

Forse costui è un soldato venduto, che uccide per conto di altri, un nemico più grande che nemmeno sospetti. O solo un ignaro pacchetto postale contenente una  brutta cartuccia...

 Se ti ha già messo al tappeto va bene: insegnamento compiuto. La distrazione si paga, ed è  bene pagarla perché, poi, l'attenzione prevalga.

Se la campana sta per suonare tu scendi dal ring: è  uno spazio ristretto, limitante l'azione. Fuori l'orizzonte è più ampio, non serve nemmeno lottare...

Se invece è nell'aria l'arrocco imminente e tu te ne avvedi, allora modifica il gioco, non spostare quel pezzo: lo scacco è vicino!


Ma se il tuo nemico é solo la parte di te che trascuri, che vuole levare di mezzo quella parte di te che le impedisce di fare, allora lascia che muoia, e rinasci al risveglio con  spirito nuovo. 

Il sogno suggerisce l'azione per farla accadere. Il resto dipende da te.







martedì 8 marzo 2016

08 marzo 2016


E arriva l'8 marzo, inevitabile appuntamento con fiori minuti, polemiche e luoghi comuni.

Uomini che fanno gli auguri alle donne (ma auguri per cosa?), donne che si scambiano baci e rametti di mimosa comprati tristemente al semaforo o strappati da qualche pianta qua e là.

E poi le femministe e le antifemministe, e chi, nauseato, rifiuta di toccare l'agomento.

Le vetrine delle pasticcerie ostentano torte rotonde e biscottini gialli, tutti zucchero, panna e coloranti... Una vera botta di vita, l'8 marzo!

Ma non è ancora passato di moda?

Nemmeno quest'anno, in cui la mitezza del clima ha favorito l'anticipata fioritura degli alberi dalla bionda chioma, liberando nell'aria - senza alcun rischio- il dolce richiamo all'abuso, quei rami più bassi malamente strappati... Bellezza vitale recisa per qualche ora di ravvicinata ammirazione contemplativa (?), per qualche distratta annusata da chi vive quel rito con stanchezza annoiata...?

   Andiamo, gente, l'albero che fiorisce vicino alla mia abitazione è già lasso!! Il suo biondo cappello è brunito, le belle palline giallette ormai svaporate. Anche l'odore non è più affascinante, non accoglie più il mio rientro serale con fresca allegria. Mica vorrete donare qualcosa ormai privo di linfa per fare bella figura??

E poi... Ma sapete perchè recitate quel gesto ogni anno? Perchè in quella data?

Se lo chiedete a voi stessi o ai vostri compari, la risposta più comune che potrete ottenere è di gran lunga la più banale: un giorno speciale (ovvero un giorno scelto a caso, uno come un altro, in sintesi) vi sentirete dire, nato per ricordare che le donne hanno il diritto di essere rispettate!
 Un pò come la festa della mamma, quella del papà... Quella degli innamorati, insomma!

Si, appunto... Una festa commerciale, istituita per vendere fiori, cioccolatini e torte rotonde a forma di fiore...

Ma la storia parte da lontano, e ha la veste a stelle e strisce dei cugini americani. Eh già, questi americani... Sempre i primi, e sempre i migliori!

Agli inizi del 900, in America appunto, fu dedicata una giornata ad una manifestazione in favore del diritto del voto politico delle donne, e fu fissata nell'ultima domenica di febbraio.
  Rapidamente l'iniziativa venne imitata in tutta Europa, e ripetuta annualmente per un pò, in date diverse per ogni paese.

E allora, perchè l'8 marzo? E perchè le mimose? Si tratta di un bel fiore, certo...

Russia, 8 marzo 1917: ecco la data che sancisce l'inizio ufficiale della rivoluzione (la Rivoluzione Russa di febbraio, per la precisione).

 In quella data un corteo di donne coraggiose sfilò per chiedere la fine della guerra. Un corteo che  richiamò altre azioni simili da parte di donne forti e temerarie, amanti della vita e stanche dell'orrore.
             E signori, in quegli anni, in Russia, non è che le donne vivessero in condizioni di agiata libertà intellettuale e operativa! Avete mica letto un pò di letteratura del luogo, per caso?

Così, in seguito, la Seconda Conferenza delle donne comuniste - siamo nel 1921, a quattro anni dagli eventi descritti- fissò l'8 marzo come "giornata internazionale dedicata alla donna operaia"...Giornata che ogni paese comunista era tenuto a celebrare (in Italia la data fu spostata, chissà perchè, alla prima domenica successiva, il giorno 12).

 Ma si trattava di una festa comunista, pertanto l'Italia non le diede importanza per tutto il famoso "Ventennio"... Finchè, nel 46, le signore filocomuniste non tornarono a farsi sentire, coi loro slogan e la loro voglia di esserci.

E soprattutto, con i primi voti che le donne poterono esprimere in politica.

Nel 77, poi, quando la sottoscritta aveva da poco compiuto i 4 anni, le Nazioni Unite promossero la celebrazione della ricorrenza della ormai definita Festa della Donna presso tutti gli stati membri.

La natura del fiore prescelto a simboleggiare ed adornare l'evento rispecchiava l'originale spirito comunista, trattandosi di un  fiore campagnolo, facile da trovare e, quindi, di poco costo... Accessibile a tutti.

A me piaceva quel giorno, quando ero piccola. Mio padre portava un fascio di fiori gialli alla moglie, e sempre un rametto per me. Mi faceva sentire importante.
Quanto al significato di quel dono... Non lo conoscevo e nemmeno mi importava. In casa, la politica, non era argomento di conversazione. Tanto meno con una bimbetta educata secondo i dettami di una decaduta e surreale aristocrazia di altri tempi.

Sono cresciuta e ho iniziato a fare domande, a riflettere, a elucubrare, a discutere... E quella data ha iniziato a provocare in me un forte senso di disagio e di rabbia: donne orgogliose di veder dedicato loro uno spazio di 24 ore ogni anno, 24 ore in un anno per esser riconosciute come esseri viventi di pari diritto con i compari dell'altro sesso.

Ma dico...Le donne russe, nel 1909, non vi hanno insegnato nulla?

Loro non ricevevano pallini di polline, come riconoscimento della loro forza e del loro valore, della loro pretesa di esistere...Loro ricevevano pallini di piombo!!

Tutto si perde, si dimentica e si confonde... Assumendo le odiose quanto inevitabili invadenti connotazioni commerciali...
Quante donne, annusando il rametto giallino che tengono in mano, ne conoscono il richiamo storico?
Si limitano a dire, cinguettando allegre e festose, che è proprio un bel giorno, quello in cui si riconosce al gentil sesso il permesso di esistere come persone...

Uno spazio di 24 ore l'anno, durante il quale poter liberamente uscire solo tra donne (quale legge lo vieta negli altri giorni dell'anno, francamente mi sfugge), e abbandonarsi, finalmente in libertà, legalmente, a frenetici quanto rari piaceri lussuriosi.

 E pensare che le donne dell'antica Grecia utilizzavano uno spazio molto ma molto più esteso delle 24 ore suddette, in onore di sè, della vita e della divinità bacchica...Come dire: con la benedizione del cielo e per grazia divina!!

E le donne di oggi, davanti a quel fiore, ricevendo gli auguri, sorridono e parlano usando espressioni e parole curiose per dire che si, finalmente, si vive l'emancipazione.


Roma, 08 marzo, 2016