Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

martedì 12 marzo 2024

Così

 


Undici marzo, un cielo plumbeo e l’aria fresca di una primavera tardiva. Le tartarughe riposano ancora nel buio della terra umida e non si fanno vedere, mentre i gatti del vicinato attraversano ostinati il mattonato che porta al rettangolo verde del mio giardino. Mi affaccio alla finestra e li guardo: corpi cicciotti  ricoperti da colorate pellicce.

Le prime margheritine fanno corona ai piedi del vecchio fico, che sembra un vate, così contorniato, e ha l’aria del buon maestro sotto al cappello contorto di rami nodosi ancora spogli, su cui pennuti di varia misura saltellano rapidi di qua e di là, atterrano e ripartono in una danza sonora, oltre che visiva.

Le stagioni che si rincorrono e si ripetono: i fiori bianchi del pruno e quel ramo di ciliegio ormai spento, che rievoca umori migliori. Accanto al tronco grigio, dietro al muretto di cinta, fa capolino un giovane nespolo. Chi va e chi viene, dando inizio ad un viaggio diverso. Osservo, in transito io stessa tra momenti diversi di una vita in più atti su scenari molteplici.

 Un sorriso mi allarga il cuore e dopo qualche attimo è lì a trafiggerlo. Mi ripeto che lo so già, che le stagioni ritornano, che tutto si ripete, l’amore e il dolore: un respiro dolente e affannato accompagna i miei passi, intanto che i profumi del vento portano via pensieri confusi. I miei e quelli di altri.

Ricopro dei semi con un velo di terra ed estirpo le erbe invadenti. Mi godo il colore dei fiori e distendo i miei passi in lunghi silenziosi percorsi: perdo il conto dei fili che tessono nei giorni la mia curiosa esistenza. Ogni tanto una mano gentile mi afferra, ma poi mi rilascia e scivolo via, di nuovo, nel silenzio che ben mi appartiene.

 Sola tra gli altri.







giovedì 12 ottobre 2023

16 settembre

 

Che caos, con flutti che si espandono da ogni dove, dilagano nella mia anima e intorno alla mia persona. 

Onde che si scontrano sovrapponendosi come tele leggere, come i riccioli lenti della mia chioma. 

Rimango immersa nella spuma frizzante, che solletica e mi confonde. Vivo una gradevole e preoccupante sensazione di spaesamento, conscia del fatto che nulla mi sostiene ad eccezione delle mie gambe, in questo mare senza fondo e senza limiti.

Una sensazione di estraniante libertà, infine.

Cadono i riferimenti, si smontano le convinzioni, svaniscono le certezze: tutto muta di continuo, e si profilano nuove forme possibili, stimolanti e allarmanti ad un tempo.

Torno da un viaggio e non ricordo l'indirizzo di casa: il sogno racconta la mia storia. Quale è il mio indirizzo? Sta cambiando ancora.

Sembra che io non debba tornare più, ma andare avanti ed esplorare. Proprio come fanno certe care bestiole, che zampettano goffamente sul suolo, frugando col muso ogni anfratto, sempre in cerca di altro.

È tempo di esplorazione e  sperimentazione, di incontri ed abbandoni, di sorrisi e sospiri.

Il cielo mi guarda e la terra mi sostiene. Le mie membra scivolano tra le correnti.
Un corpo solo nel flusso infinito. 






 


martedì 10 ottobre 2023

Quiete

 

La montagna possente domina l’azzurro del lago nel quale si specchia da tempo. Le sue cime, un po’ brulle un po’ verdi, si ornano di leggiadri alberelli, ben visibili contro il chiarore del cielo.


L'acqua, mossa lievemente dalla brezza autunnale, brilla dinanzi ai miei occhi, quasi li acceca. Mi ostino commossa a fissarla: sembra uno stradello di luce in una piana celeste, dove, di tanto in tanto, emerge guizzando un bel pesce.

Saltano e ricadono giù, questi viventi, e col peso del corpo lanciano schizzi dovunque.

  Uno scroscio improvviso e poi pluff, di nuovo nel mondo di sotto.

Sorride il mio cuore, in questa calma anelata da giorni e finalmente soggiunta.
Siedo all'ombra di un salice dalle foglie verdi e argentate, e d'intorno suona quella musica lieve che solo in natura si dà.

 Questa è detta silenzio, ma nulla tace realmente: il vento sospinge le fronde e culla i pensieri, le correnti che spostano l'acqua in direzioni contrarie, il gioco di voci tra piccoli e grandi uccelli, i grossi sparvieri dalle ali tese che solcano l'aria... e la danza di tanti colori.

Una solitudine bella, io vivo, in questo angolo sacro.

Brilla l'acqua davanti ai miei occhi rapiti, e respiro un'arietta tiepida e ricca di erbacei profumi.
Siedo tra i sassi e le fronde, contemplo nuvole bianche e rotonde sentendomi a casa, e godendo l'ipnotica danza delle foglie sui rami.

Potrei chiudere gli occhi e dormire, ma quella papera, con la coda all'in su e la testa sott'acqua mi attrae, come un fuso che collega due mondi: quello di sopra, dai rumori invasivi, e quello di sotto, dove tutto va lento.

Ora riemerge e chiama quell'altra, che appare parecchio più oltre: insieme, dopo un botta e risposta, tornano indietro, verso l'ansa da cui sono venute.

Le sento cianciare come comari al mercato, e l'eco degli striduli suoni si espande sul lago, rimbalzando tra le ruvide rocce che fanno da sfondo.

Sorrido e sposto lo sguardo. Sono già lontane, magicamente scivolate sull'acqua.

  Tutto appare e scompare, cedendo il passo al prossimo arrivo. 

Succede così, non sembra normale ma invece lo è. Così accade ai pensieri e alle decisioni più serie, così accade alla vita.

Viviamo in un sogno da cui ogni tanto emergiamo per andare e tornare ancora più volte. Di sopra e di sotto, come il becco di quel bell’animale.

 Immagini nuove e inattese sequenze. Fintanto che è possibile farlo...






 

 

giovedì 5 ottobre 2023

Natura

  

La vespa gigante fa tanto rumore,

si sposta scattando e mette timore. 

 

La osservo e mi sposto, ma lei segue me,

 meglio starebbe davvero lontana da me.

 

Mi barrico in casa per vedere che fa,

ma dalla vetrata lontana non sta.

 

Affievolisco le luci perché vada via,

ma niente che serva: con me in compagnia.

 

Pensa e ripensa

Alla fine decido: scosto la tenda e la sfido a duello. 

 

Mi armo di straccio e con grande ardimento,

 la inseguo colpendo dovunque riesco.

 

Si stanca alla fine di esser scacciata

 e con forte ronzare al fine s’è data.

 

Sorrido oramai che l'intruso non c'è,

 e canticchio di gioia un pepperepè. 

 

Mi piace guardare il mondo che gira

 ammirando con calma ogni vivente che arriva.

 

A volte però un pungiglione minaccia,

e tocca evitare la brutta storiaccia.

 

Ognuno si cura dei propri interessi,

e non sempre coi miei sono proprio gli stessi, 

pertanto mi accingo a guardarmi le spalle,

 intanto che vado e mi godo la valle.

 







lunedì 25 settembre 2023

Autunno

 

 

La pioggerella leggera scende rimbalzando sulle foglie rigide del fico, all'entrata, e cade giù sul mattonato, rendendolo scuro e lucido. 

L'ombra della notte appare più cupa, ma la gentilezza argentina di questa musica distende l'umore. Che stasera è triste e riflessivo.


Si conferma il vecchio detto, per il quale è vietato gettare perle ai porci: un modo pittoresco di invitare alla cautela durante il miracolo del dono.

Verificare, prima, è necessario. Riuscirci, almeno, per davvero.

Noi diamo nel piacere, concediamo col nostro una parte di noi stessi, e lo facciamo nel godimento dell’incontro; nella condivisione amiamo ed eleviamo – noi e gli altri – in una dimensione altra che sa di gioia e intimità. 

Può accadere però, con l’andare degli eventi, che quel momento, quel toccarsi di anime assuma un significato differente, come una forma che, illuminata altrimenti, rivela curve brutte e inattese, non precedentemente colte.

La mensa, allora, non nutre più, e forse un po' disgusta. 

Inizialmente il dubbio, l’incapacità di convenire con il nuovo scenario, intanto che l’amarezza si estende, gradualmente, come una pozza d’olio denso sul selciato. 

Accelera il ritmo dell'acqua leggera, lì fuori, e l’oscurità si fa più grave fino ad estendersi tra queste mura che mi accolgono con il calore di un nido e di una culla protetta.

  Pensieri noti e già affrontati, lunghi discorsi sullo spazio e sul tempo in una vita che ne accoglie infinite, in un presente mai concluso e mai iniziato: esistenze a confronto, si sfiorano a volte senza toccarsi davvero; caleidoscopio di emozioni e di percorsi che rendono a volte l’illusione dell’incontro.

Vediamo senza cogliere, leggendo parole che suscitano, in altri, mondi opposti.

Estranei tra diversi: viviamo questo, senza poter ascoltare, nel nostro essere finitamente umani? 





 

lunedì 6 febbraio 2023

EDEN


Ho visto un tronco torcersi e sfuggire dall'assedio impietoso dei bambù, in un bosco fitto di piante nervose e ben strutturate: nonostante la stretta si è alzato e si è piegato spingendosi fuori, guadagnando la luce e l'aria. Sembrava un individuo braccato, senza respiro, in fuga, alla disperata ricerca della sua libertà: un’immagine forte che si è impressa nella mia mente… Forse ha evocato un'esperienza vissuta.

Bambù: verghe robuste e flessibili dirette in alto, verso il cielo, con tracotanza e irruenza. Gambi lunghi e nervosi che spuntano dal suolo in ordine sparso, strettamente vicini, quasi un’armata antica e obbediente, a creare insieme una nube ombrosa che sembra invincibile. Ne guardo le basi e mi accorgo della presenza di tante piccole fitte funi chiare che ne circondano i fusti, come un gonnellino hawaiano, e scendono al suolo, radicandovisi in un tuffo diretto, esplorativo, fino a sparire alla vista.

Indietreggio un pochino e mi si para dinanzi una compatta macchia di verde che corre verso il cielo e fa da sipario tra una terra e l'altra, partorendo umida ombra al suolo, dove minuscoli animali si muovono lesti e funghi dai colori autunnali si mimetizzano ovunque. Seguo l’orizzonte con lo sguardo: un bosco e poi uno più chiaro, più giallo… forse è solo più vecchio. Le fronde leggere, sottili, come la chioma di cavalli in corsa, spostate dal vento con inebriante semplicità. Proseguo, saltando su per il pendio, la terra bagnata si attacca alle suole e il mio equilibrio un po’ viene meno. Rose sfiorite e tronchi scarlatti dalla scorza robusta e macchiata, foglie enormi e dure, e ciuffi vaporosi e leggeri. Tutto quel verde mi incanta.

Da un lato un cartello invita chi legge a lasciare in terra elementi caduchi, a non portar via nemmeno le foglie seccate, mentre un altro rammenta con fare pignolo che camminare vicino alle piante può disturbarne la crescita. 

Vita dovunque, brulicante e attiva, che richiede rispetto. Corsi d'acqua e antiche fontane, residui di statue coperte di muschio, e passeggeri silenziosi che fanno capolino ogni tanto. Timorosi, rispettosi, e affascinati. Come me, che mi lancio in avanti a guardare, attratta da un richiamo che sa di arcano e potente. La voce amica invoca il mio nome, da dietro il mio corpo, e in un attimo la mano non vista si stringe alla mia, ed esonda il piacere che mi ha invasa. In un respiro profondo avverto la linfa che scorre, come in un tronco. Sono rapita da sentimenti di sorpresa e pienezza.

 L’estasi è questa?
Mi sento felice e lo dico, circondata dalla vita che si mostra, sussurra, si muove e respira. Alberi antichi nel loro mondo umido, mostrano le proprie fatiche, recano i segni di lotte vissute nello sforzo di arrivare alla luce, e si uniscono con altri elementi in quelli che paiono appassionati abbracci amorosi.

Rami intrecciati che si ergono come dita protese verso il cielo grigio, e chiome spennate che sembrano ridervi sopra a dispetto. Vedo ferite protette dalle nodose cortecce, e l'andamento cadente di certe ramaglie, avvinghiate e confuse tra loro, gravare insieme verso lo scuro terreno. Si espongono, a breve distanza, zone d'ombra e di luce, tra un passo che muovo ed un altro.

Parla di sé, questo mondo, e ci dice ciò che riusciamo a vedere attraverso il dono dei suoni, i colori e gli spazi...






lunedì 23 gennaio 2023

E vogliamo fermare il femminicidio?

 

Ho avviato l’auto, come ogni mattina, per andare a lavoro, ho guardato flebili fiocchi di neve poggiarsi sul vetro e decorarlo con disegni ipnotici, frastagliati. Un breve momento, prima che il sottile braccio del tergicristallo portasse via tutto.

Il cielo bianco, il freddo intenso, i miei occhiali che si appannavano, in attesa che il motore consentisse all’abitacolo di assumere una temperatura accettabile.

Una giornata fredda, a seguito di una notta ancora più fredda, che mi ha gelato il cuore e i pensieri.

Ieri sera la chiamata di una conoscente: mi chiedeva di andare a prenderla alla stazione del treno. Mi sono mossa subito, aggravata dal sonno, chiedendomi perché, alle dieci di sera, di domenica, quella donna si trovasse da sola su un treno. Madre e moglie, tre bambini in casa. 

La vedo arrivare lenta, con andamento stanco. Apro lo sportello e la vedo piangere, lo spingo verso l’esterno per farla entrare e mi dice che il marito è ubriaco e ce l’ha con lei, che l’ha insultata con violenza, che è già successo ed è stanca, e ha paura. La porto davanti alla sua abitazione, e poi arriva lui.

Incontro una persona totalmente diversa da quell’uomo mite e gentile, sempre disponibile, che conosco da qualche anno: mi si para davanti una furia, il forte odore di alcool, urla con il corpo e con la voce; mi fronteggia, ha lo sguardo fisso su di me mentre chiede di chi sia la colpa. Parole prive di senso, il suo corpo è teso e scattante, e continua a venirmi addosso. 

Potrebbe darmi una spinta, potrebbe toccarmi, intanto che indietreggio e cerco di farlo ragionare con la voce calma che cerco di far risultare ferma. Ora ho paura anche io.

La esorto a chiamare i carabinieri mentre lo trattengo per guadagnare tempo. Ora lui se la prende con me, urla e minaccia… Non so come, riesco a chiamare un amico al telefono gridando che è urgente, che mi stanno mettendo le mani addosso. 

Il tempo si dilata e si ferma. Il buio, quella furia e io che cerco di tenere la giusta distanza tra noi; mi sposto, indietreggio, gli parlo guardandomi intorno. I suoi occhi spalancati sui miei: non mi vede. Un’esperienza già vissuta in un tempo lontano: l’aggressione da parte di un uomo altrettanto fuori di testa. Quella volta, però ero sola, e una sua distrazione mi ha permesso di darmela a gambe.

Di nuovo a cercare soluzioni in una situazione disperata. L’amico è arrivato, e poi i carabinieri, in coppia, le mani sulla pistola. Stavolta non sono sola, ne usciremo.

Urla, pugni sui muri, salti, parole, lacrime, la donna barricata nella mia auto, i bambini usciti di casa, la ragazzina che si stringe a me senza dire una parola. Poi i carabinieri, altre parole, la comprensione, il dispiacere, il freddo sempre più intenso e i pensieri.

 Li abbiamo visti entrare in casa con loro, invitandoli a calmarsi entrambi, che siccome non è stata data violenza FISICA, non è possibile fare altro. Li abbiamo lasciati lì, nella notte, nel freddo, con tre ragazzini spaventati. Violenza fisica??

La Giustizia non può proteggere nessuno: mandano due uomini a tentare di far ragionare un uomo che la ragione l’ha persa, a supporto di una donna terrorizzata. 

Mi sono tirata dietro la porta di casa e ho tirato il chiavistello: i pensieri si sono ammassati furiosi, come il vento gelido che fischia dietro i vetri. Una storia già sentita: finché non sei stata picchiata nessuno può intervenire. Le minacce, le urla, la violenza NON FISICA non conta perché non è violenza: è solo rumore. 

Propaganda, ci riempiono di parole e di slogan, è tutto un parlare di femminicidio e di violenza sulle donne…Poi accade qualcosa, e chi è chiamato a intervenire ha le mani legate.

E gli esseri umani: persone che si trasformano, che non riconosci. La persona più mite diventa un pericolo, ti minaccia. Tutto in movimento, tutto senza controllo. Viviamo in un mondo così. Una bambina che ti si stringe contro, affonda il viso sul tuo petto e non parla. E tu dici parole che non riesci a sentire, che non sai da dove vengono, e vuoi solo che sparisca tutto questo e che quelle piccole orecchie, che cerchi di chiudere con le mani gelate, non sentano.

Ma non puoi cancellare gli eventi. Le situazioni accadono, lo ripete continuamente un amico, accadono e tu puoi solo viverle, e devi prenderne atto.

Siamo umani, siamo fragili e siamo tutti continuamente sotto pressione. Dobbiamo aiutarci, dobbiamo capirci – soprattutto – abbiamo il dovere morale di ascoltarci.