Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

domenica 28 giugno 2015

Cuore di donna



Simone De Beauvoir, nel 1949, raggiunse notorieta' pubblicando "Il secondo sesso", un testo voluminoso in cui spiccava una corposa analisi del modo in cui la donna è relegata e definita nella cultura sociale. 
Alla luce di un approfondito excursus culturale, financo nei passaggi storici e mitologici, l'autrice criticava l'effettiva inferiorita' imputata a colei che appunto e' latrice del sesso "secondo", ossia di seconda importanza.

 Se gli uomini avessero concesso maggior spazio ed opportunità alle donne di operare nella realtà sociale  - dichiarava l'autrice - queste si sarebbero occupate meno di loro e più di sé stesse, con grande vantaggio per tutti. 
Probabilmente, mi permetto di aggiungere, sarebbero state meno asfissianti e davvero più ricche di fascino. 
 Una persona (sia pure di sesso femminile) che vede l'attuazione sociale di chi le sta intorno mentre a lei é proibito ...Che umore potra' mai vivere? E cosa potrà trasmettere a chi le è vicino? Felicità e soddisfazione? Gratitudine? Secondo me nemmeno un pò di allegria...Piuttosto un certo rancore e una sorta di invidia..

"Donne non si nasce, lo si diventa",  scriveva Simone: la donna é un essere diverso dall'uomo ma essa stessa, giocando il mito dello "eterno femminino", prostituisce il suo potenziale e rinuncia ad una esistenza dignitosa.

"L'eterno femminino", le caratteristiche propriamente indicate come femminili, diventa spesso l'unica dote trasmessa dalla madre alla figlia. Li' dove il mondo sociale é divenuto terreno maschile, in che modo affermarsi? Moine, vezzi e capricci, occhiate maliarde e mossette studiate...Blandire per poi dominare chi domina il mondo. 

Il vero guadagno? Scusate se sembro noiosa...Ma "la persona" dov'é? E darsi da fare, invece, per conquistarlo, quel mondo? E viverlo al meglio con chi ci e' arrivato? E provarne magari finalmente piacere??

Simone De Beauvoir fu molto apprezzata e molto discussa. Tacciata, tra l'altro, di anti-femminismo per un motivo preciso: la sua condanna primaria era rivolta alle donne, le prime, vere e imbarazzanti responsabili della propria umiliazione.

Tempo fa mi trovavo in Egitto, camminavo per le strade di El Quesir, un ex villaggio di beduini, popolato da imbonitori locali, turisti, e gruppetti di uomini seduti ai caffè, a fumare sinuose pipe ad acqua. 

Ricordo le donne, riunite tra loro con tanti bambini. Ricordo gli occhi curiosi su di me, sbucare dai veli scuri che coprivano il corpo. La mia figura, coperta da indumenti diversi (pantaloncini e canottiera dai colori sgargianti), attirava la loro attenzione. Rispondevo all'esame con ampi sorrisi, cosi' che anche loro, alla fine, sorridevano...
Fin quando, timidamente, una ragazza si e' accostata per toccarmi. 

Ero il diverso, una donna anch'io, ma libera di conversare e scherzare con le amicizie maschili con cui mi accompagnavo. Libera di indossare i colori e di poter vedere e mostrare il mio corpo. E sorridevo, non sembravo certo dannata! Erano lì, coperte da scuro tessuto, a guardare i bambini davanti alla porta di casa. Il sole estivo bruciava e i nostri occhi si conoscevano, rispettosi.

La guida locale spiegò che le donne, in onore alla loro cultura, non guidano e non lavorano. Rimangono in casa: "devono pensare a farsi belle, in modo tale che la sera, quando il marito  rientra, son pronte per fare l'amore". 

L'amore??? 

Ma se poi non lavorano, nemmeno producono, e mantenerle e' un costo per la società intera...!?

È giusto così.

Sicuro???

Allora il mio amico, umanista di nascita e provocatore di professione, gli chiese se il cuore di un essere umano, poggiato sul piatto di una bilancia, potesse pesare meno di quello di  un altro essere umano, ma di quella cultura.

 Non pote' dire di no, ma in pochi minuti si svincolo' dalla nostra presenza.









mercoledì 24 giugno 2015

La Scuola.

C'e' stato un tempo in cui scrivevo. Riempivo fogli e fogli di appunti, impressioni e racconti.
Poi ho iniziato a seguire un tipo di scuola, questa sì, formativa, ed ho sospeso. 

In seguito, quando ho riletto i miei scritti, ho buttato via tutto.

Non si trattava dello stile, ma di cio' che narravo.  Erano contenuti sbiaditi, andati. Appartenevano ad un tempo passato. Come vecchi indumenti in disuso: ancora belli, ma non li sentivo più miei. Inutili modi di atteggiamenti lontani. 

La scuola è stata essenziale, tanto che la frequento ancora. Mi ha cambiata. Ha cambiato il mio modo di sentire le cose, mi ha insegnato a mangiarle... O a buttarle via. Come ho fatto con i miei vecchi racconti. E con i vecchi vestiti.

Ho imparato ad ascoltare le immagini, a cercare nei rebus che la notte mi offre il senso della mia giornata. Ho imparato quindi a vedere quei giochi anche di giorno. 
Un  linguaggio mai appreso nella scuola di stato, escluso da quella istruzione definita primaria. Nessun insegnante ne ha mai fatto parola. Eppure é condiviso da tutti, e sorprende nella sua immediatezza. Indovinello  allegro e serissimo, che urla e sussurra, come il vento su questa terra.
Non scholae sed vitae discimus...La buona scuola - non quella di Renzi - insegna ad affrontare la vita, non è fine a se stessa. E Questa scuola mi fa incontrare il mondo, mi fa viaggiare, mi manda costantemente in crisi, mi fa sentire stupida e piccola, mi fa provare gioie inesprimibili e mi aiuta ad incontrare quei riccioli di allegria che mi appartengono.

Un pò corro ridendo, un pò zoppico trascinandomi dietro, in affanno... 

Un cammino impegnato e pieno di intralci: distrazioni, valutazioni sbagliate, ricordi accattivanti,  disponibilità gratuita, peccati di ingenuita'...Sirene tra Scilla e Cariddi! 

E si riparte daccapo, tra uno schiaffo e un sorriso.
Ho creduto piu' volte di non essere in grado, ma non sapevo voltarmi. Impossibile la via del ritorno in una landa ormai impropria, divenuta estranea come le cose che ho scritto. A guardar dietro si diventa di sale.
Euridice non vuole morire di nuovo: è dolce la musica del mare e del vento, è oscuro il sotterraneo dell'Ade.
Caduta per il morso di un serpente....
Ho dovuto affrontare lo specchio e accettare le ombre, per imparare a gestirle e allontanarne il grigiore.
Ho lavato via il trucco dagli occhi, ho reso scalzi i miei piedi e ho imparato a camminare di nuovo. Un lungo lungo percorso. Che non deve cessare.

Ore fa sedevo davanti all'oceano e guardavo l'acqua scura con i suoi movimenti notturni: increspature illuminate dallo spicchio di luna, direzionate dovunque; veloci fluorescenti luccichii che, sotto la superficie, tradivano il passaggio di pesci, e poi la parabola luminosa del piccolo led del pescatore, che attraversava l'aria e si adagiava comodamente sull'acqua, cullato dalle correnti, e poi spostato lentamente, subendo inattese accelerazioni.

Un venticello freddo mi faceva tremare, ma non avevo voglia di andare. Piuttosto mi sono distesa, guardando il cielo che si riempiva di nubi, e una calma immensa mi ha pervasa. Intorno il silenzio, e lo sciabordio delle onde.

Momenti di vita in una terra altra, in un tempo diverso. A poche ore di volo e a miliardi di anni dal luogo in cui solitamente vivo. Dove trascorro ancora gran parte delle mie giornate.

L'oceano dai colori mutevoli che srotola se stesso ad ogni respiro, entra dagli occhi e dal naso, incontra i miei umori. E vince. L'azzurro che domina, con le sue correnti, e con la forza che ammiro. E che un pò temo.

Lo carezzano ali veloci, lo attraversano pinne possenti, ne emergono gli scudi pesanti delle testuggini....Vive di vita e la espande.

Fino a raggiungere me, in questa mattina di sole.

lunedì 15 giugno 2015

Passa -Tempo



Qualche anno fa lessi un libretto... Ancora non avevano inventato il kindle (parliamo del Mesozoico), per cui consumavo in modo costante le impronte digitali su rasposi fogli inchiostrati.  A volte li trovavo lisci, ma seppure consumavano meno la pelle, riflettevano la luce in modo sgradito, tanto da rendere faticosissima la lettura. Tempi duri per gli intellettuali!

       In effetti, in era preistorica, sono stata piuttosto impegnata in questo tipo di attivita', con grande piacere mio e di altri. D'altronde, se proprio siamo obbligati a non poter avere tutto - come dice il citatissimo "saggio" di cui nessuno sa nulla - non e' poco avere una vicina amante delle  letture impegnate, se tra i suoi passatempi includiamo l'ammirabile costante ascolto  di musica (molta musica classica) a volumi egoisticamente elevati!!!  Tra le tante opzioni, quando ero euforica mandavo il vinile di Beethoven, esaltandomi sulle note dell'Eroica... Ma quando ero giu' mi ammazzavo con i romantici (sappiamo tutti quanto possa essere deprimente Chopin in un soggetto umoralmente depresso!). Ma il clou devo averlo vissuto  quando ho scoperto in casa l'esistenza di un nastro (oddio, le musicasssette!) di virtuosismi di Paganini. Ero innamorata di quel nastro. Lo mandavo e lo rimandavo...
    
    Beh, starete pensando che in fondo, non ero amante dell'heavy-metal, non ero una seguace della musica acid ne' dei rave, non appallavo il mondo con il blues (solo i miei amici, in effetti) e che la musica classica rientra nella sfera della vera cultura, quella che espande le emozioni  ed accresce l'anima...
  
    Si, ma il povero Robertino, un cristone alto due metri e largo tre, che viveva allora dietro la porta di fronte alla mia, sullo stesso pianerottolo, faceva il buttafuori in discoteca. Lui e il suo affettuosissimo Rambo, il pastore tedesco che  ammorbava l'ascensore ogni giorno con le sue fiatate al mentolo (Roberto aveva rispetto degli inquilini e imbottiva il suo cane di caramelle per l'alito) lavoravano tutta la notte, e trascorrevano buona parte della giornata in uno stato semicomatoso dentro casa, tra indumenti ammucchiati in terra, barattoli di cibo per cani vuoti  e la mazza da baseball vicino alla porta. La mazza la portava al lavoro. Con me non l'ha mai usata. Era un buon vicino.
   
   Veramente era un bravo ragazzo, e lo ricordo con affetto sincero. Da piccolo piangeva per ogni cosa, ma da grande era sempre di buon umore.
         E ti credo, con quella stazza... Sai le risate!!

     Purtroppo per lui (io stavo da favola) mi rendo conto solo ora di quanto fossi fastidiosa, e di tale crescita morale ringrazio infinitamente la mia attuale vicina "Transistor". Si tratta di una donna un po' sorda, un po' sola, e parecchio scorbutica. Quella che la mia collega psicologa definirebbe con tono fintamente serioso "socialmente inadeguata", espressione con la quale proprio ieri ha fornito una ermetica risposta alla mia esigenza espressa di capire cosa sia un "nerd" (altra figura storica appartenente ad un mondo in estinzione).
       
      Solo che la passione per la tecnologia di Transistor non va oltre radio Maria... Sparata a volume  surreale nelle ore in cui sono io quella che vive lo stato comatoso. Senza cane e senza disordine.

 Vabbe', ma il libretto polveroso?? 

    Quell'oggetto, che per coerenza cronologica dovrei chiamare libello, titolava "Gestione del tempo". Lo avevo rimediato in una edicola - lo so, una ulteriore testimonianza di un'epoca passata - una specie di casetta priva di finestre, per chi non lo sapesse, posizionata in strada, preferibilmente nei crocevia per esser il piu' visibile possibile, ed esposta a intemperie devastanti con simpatiche ripercussioni sull'umore di chi la utilizza per guadagnarsi la pagnotta. E la scrivente lo sa bene, per avervi svolto per un periodo l'attività di ragazza-sandwich.

 Non si accettano risate.

 Nemmeno silenziose.

   L'avevo acquistato in seguito ad un incontro fatto con esperti di formazione - era il mio settore e allargavo i miei orizzonti facendo esattamente quello che oggi faccio con i browser su internet... Ascoltavo e cercavo.
     Oggi trovare e' infinitamente meno dispendioso. Allora  si andava fisicamente nelle varie biblioteche a cercare, non si potevano fare fotocopie, alcuni prestiti erano inibiti (i preziosissimi lasciti!!) ... Quanto tempo impiegato  a far cose oggi impensabili! 
     Ricordo i pellegrinaggi fatti a cavallo del fido motorino, un instancabile Si rosso fiammante, compagno di indescrivibili avventure! Non ho mai capito come mai, qualsiasi destinazione raggiungessi, lo facevo in massimo mezz'ora. Ovviamente andando a manetta. 
  Io, sprezzante del pericolo, io spericolata amazzone cittadina, io pazza squilibrata che al terzo capitombolo ho abbandonato il motorino per comprare una macchina....
  
    Capitani coraggiosi.

   Il tempo
    Ultimamente ne sento parlare spesso. Nell'ultimo film di Luc Besson,  "Lucy", il tempo è indicato come elemento distintivo dell'umanità: ci siamo perchè siamo nel tempo; se acceleriamo al massimo il succedersi degli eventi... Diventiamo invisibili. Siamo nulla rispetto all'infinito (ah...Ancora la Metafisica. Altro che gramigna!!).
  Il tempo consente la trasmissione delle esperienze e perpetua la specie rendendone possibile la sopravvivenza e, magari, l'evoluzione.
    Un pò una estensione narrativa dell'epigrafico "Chi ha tempo non aspetti tempo": quando e' finito, e' finito!! Il famoso libretto di cui in apertura proponeva utili indicazioni su come non-sprecar-il-tempo, su come impiegarlo e viverlo. Certe frasi mi sono rimaste impresse e credo di averne fatto buon uso. 
    
       Mi colpiva il fatto che ogni volta che indicava il tempo rubato da qualcuno a qualcun'altro, l'autore lo indicava in termini di numeri di secondi. E lo stesso accadeva per le ore. 
  La gestione del tempo, nello specifico, veniva argomentata in ambito lavorativo, nella "situazione di ufficio", dove la interazione quotidiana, anche e soprattutto di tipo interlocutorio, puo' depistare l'attenzione e render piu' impegnativo condurre le proprie attivita'. Veniva indicato col nome di Ruba-tempo colui che si inseriscce nello spazio orario altrui abusando della buona educazione dell'interlocutore - e della delicatezza delle interazioni umane - per arraffare manciate di minuti ed espandersi in una esistenza che non e' la propria.
      
     L'autore si dichiarava stupito di chi chiede per se', spesso con la presunzione della pretesa, il tempo altrui, come se fosse cosa da poco, e lo sgomento cresceva nei confronti di chi, senza obiezioni, e' pronto a concederlo.
    Il furto avviene  per ingenuita' ed ignoranza, per la scarsa attenzione che il derubato pone al significato che il tempo puo' aver per lui (e per l'umanita' tutta): se e' vero, infatti, che basta un minuto per fare una cosa da nulla, quello stesso minuto puo' esser sufficiente a realizzare una scelta importante e a fare un'azione fondamentale per se' stessi.
In e-commerce é noto che sono sufficienti 100 millisecondi per dare un valore monetario alle nostre azioni.*

   Cosi', un piccolo manuale sulla gestione del tempo si apre al dibattito esistenziale sul poter essere e sull'abdicazione esistenziale. Ogni giorno incontriamo dei ruba-tempo - a me capita -, coloro che ci trattengono fino ad esasperarci con ciance inutili, ma spesso loro stessi costituiscono la boa alla quale leghiamo volontariamente l'ancora.
 Una pausa, o semplicemente un alibi. 
E nella quotidiana noiosa scansione delle attivita' ripetitive, capita di lasciarsi cullare. Per dirla tutta, pero', al secondo incontro ravvicinato, in me scatta un senso di soffocamento che mi rende davvero poco diplomatica e molto sgradita.
    Non ce la faccio e mi defilo.  Insomma, se proprio non ho voglia di svolgere certe mansioni - e' umano sentirsi saturi, e non me ne vergogno - posso comunque fare qualcosa per me, no!! 

      Io sono una persona curiosa, l'ho gia' dichiarato e lo faccio di continuo. Questa mia indole mi porta spesso a intrattenere conversazioni con le persone che incontro. Ma le conversazioni interessanti, accretive, si distanziano da quelle dei ruba-tempo mille e mille miglia...Si perche' il mio tempo, queste, lo espandono, lo arricchiscono e mi forniscono ulteriori strumenti per considerare la mia permanenza in questo cammino. 
     La linearita': il prima, il mentre, il poi...Ho spesso immaginato a come sarebbe potersi veder fare le cose in una contemporaneita' senza limiti. Poter osservare se' stessi aver fatto qualcosa in un certo luogo, a distanza di tempo. Certo, esistono le telecamere per questo, lo so. Ma io intendo una percezione intima, un modo di esistere insieme con il proprio agito emotivo. Certe emozioni si iscrivono nella nostra anima in modo indelebile, ma altre purtroppo sfumano... 

Questa finitezza e' un po' una seccatura, in effetti!

  ...In un minuto, ci sono solo 60 secondi...E chissa' quanti respiri!!! 
E un minuto sprecato, e' un minuto perduto.




Quello indicato e' il tempo che gli "adexchanges" impiegano a dare il prezzo di base agli spazi pubblicitari offerti nelle aste tra advertisers e publichers, tra acquirente e offerta. Il valore monetario alle nostre azioni viene attribuito in real time, grazie a sistemi estremamente evoluti di analisi che consentono di computare il livello di interesse manifestato dagli utenti verso una certa meta.

mercoledì 10 giugno 2015

Colore e forma.


Carezze di luce sul volto, sul ventre  e sul dorso delle mani...Tanto  arancione al di la' delle palpebre, macchie variopinte appaiono e scompaiono, succedendosi pigramente in vari punti, in quel mare  calmo di calore vivace.
  Fili d'erba sotto i piedi, la consistenza friabile della terra, qualche sassetto spigoloso mi stuzzica mentre ventate fresche di fragranze vegetali sospingono via i capelli bagnati. Acqua fredda, nebulizzata e a volte pungente e imperiosa....Sotto le fronde verdi di un vecchio nocciolo. Voci amiche tutt'intorno, arrivano con l'aria. E sento il mio corpo dal suo interno, lo sento fuori mentre l'acqua snebbia via tutto, rinfresca e rigenera. Tremo e respiro, il torace si allarga. Apro gli occhi ed e' bello.
  Fasci di luce viva mi investono e mi lasciano andare, alternandosi rapidi in una danza armoniosa, scaldandomi, riflessi dal sole su superfici di vari colori che mani allegre manovrano nella mia direzione.
  Sorrido aprendo gli occhi, e brillano infinite gocce d'acqua, fittissime nel loro gioco. Raggiungono la mia persona vestendo a festa questa nuova allegria.
Aqua Lucens....





 Sissignori, sono proprio io la' sotto al nocciolo...E mi sto davvero godendo il momento. Anche perche' questo sole di giugno e' un po' birichino: viene e dopo poco se ne va. E io ho  giocato nel mentre che c'era. Poi, subito dopo, e' andato via...
 L'Aqua Lucens e' un esercizio di benessere, un modo (apparentemente) semplice di ripristinare il campo eterico delle persone e di rigenerare l'energia vitale. Un modo utile di fare divertimento...Insomma, un gioco bellissimo!
E' necessario un ambiente naturale, pulito dai rumori e dagli obbrobri emotivi, tanto sole, i colori giusti e le giuste presenze.
       Sapienza e allegria si incontrano in una esperienza davvero unica!
E chi non ci crede...Beh....Lo invitiamo a provare!!!!



Intanto... Vi invito a cliccare qui...





venerdì 5 giugno 2015

Eccomi, mi presento.


     E' tempo di scrivere... Mauro mi esorta ad iniziare.
 Ed eccomi qui, mi presento. Sono curiosa, a volte un pò polemica, ostinata. Mi piacciono i Mostri e i nomi d'arte..
In effetti, Terenzia è più un secondo nome... Di artistico non ha granchè...E' servito un giorno per riempire una etichetta vuota, ed è rimasto là. Oggi lo riprendo per etichettare qualcos'altro, spazi virtuali destinati a riflessioni personali.

... Cammino su questa Terra da quarantadue anni (magari il primo anno mi sono limitata a strisciarci), e ne ho ricavato due belle gambe robuste. Una volta un amico, ridendo, le ha paragonate a quelle di un centravanti. Il mio rifiuto verso le performance calcistiche potrebbe essere iniziato allora, ma è uno sport che mi ha sempre un pò annoiata: troppo rumore e troppi passaggi. 

Di ogni tipo.

      Le mie gambe sono robuste, lo notano tutti... In effetti hanno corso parecchio, soprattutto hanno corso via da ciò che non andava...
Le mie braccia invece no, sempre esili. 

Pensavo molto e facevo male.

Poi, un giorno, tra una oscillazione e l'altra, due grosse mani mi hanno letteralmente spostato: l'urto di uno spinta possente ha orientato la corsa verso una direzione più propria. 

Tutto è iniziato con tre case vicine, un vecchio televisore in una stanza buia, sintonizzato su un programma disturbato impossibile da seguire, e brillanti raggi di sole che penetravano a forza dagli scuri accostati. Sotto c'era il mare.
Ma questa è altra Storia.

      Le mie gambe... Strane situazioni intorno ad esse. Quando ero piccola sentivo ripetere che sarei diventata "una cavallona"... A causa della lunghezza delle mie ossa, della lunghezza dei miei piedi...Un mantra impossibile contro il destino genetico delle mie origine sarde (è risaputo che i sardi non spiccano per altezza, tra le altre qualità). 

Questa espressione evocava in me un forte senso di ansia. Avevo paura di diventarlo, una cavallona, ma temevo di deludere i miei fomentatissimi fans. E poi non capivo che significato potesse avere questa cosa. Era un bene? Era un male? 

L'espressione di superiorità compiaciuta e un pò furbetta degli adulti ripeteva sempre lo stesso diniego: inutile chiedere spiegazioni... Capirai quando sarai più grande.  

Grande?? Ma grande quanto? E qual'è il momento in cui smetti di essere piccolo e diventi grande?? Come si riconosce? Chi lo decide? 
Non ci stavo, non volevo aspettare!
 ...Ed ecco un altro pronostico: da  grande, la cavallona, sarebbe diventata avvocato! Eh si, con tutto quel polemizzare, e chiedere e parlare. 
Tutta quell'insistenza nel voler sapere!!
  
      E così, giorno dopo giorno, etichette vuote che rimandavano a ostentazione di significati mai chiariti, mi hanno spinto a scegliere l'unico percorso di studi universitari che potesse darmi un pò di soddisfazione: mi sono immersa negli studi filosofici, con grande sdegno di chi vedeva sfumare la nobile carriera di cavallona avvocato.

     Un orizzonte ricco di pensieri e parole, nodi da sciogliere, argomentazioni complesse... Idealismi ed esistenzialismi, atti ermeneutici e paradossi logici... Era il mio mondo e lo amavo, la nebbia in cui navigavo di giorno e di notte, esaltata dalle molteplici verità che vedevo affiorare e combattersi.... Ho disimparato a vedere con semplicità. 

I silenzi e le ombre son diventati crogioli di interpretazioni, una confusione di linee orientate e dirette ovunque. Un caos di possibilità così affascinante e così illimitato... Per anni ho vagato in un universo pieno di rimandi, di aforismi, di sensi velati, fiera di aver finalmente capito che la confusione che avevo vissuto fino ad allora era la confusione del mondo, la tensione dell'esistenza, il rimando infinito dell'essere-nel-mondo che ci costituisce tutti, originariamente.
    
      Così, errando per sentieri interrotti di heideggeriana memoria, in nome del grido "l'ente è l'essente", affascinata dalle molte incarnazioni dell'essere in una realtà tanto vicina e così oscura, sono stata un pò turbata - col tempo, certo - dalla scoperta che i più grandi idealisti sfregiavano il loro bell'argomentare in nome della bellezza e della impenetrabile perfezione. 

Mi sono ritrovata  spesso ad emergere nel carnevalesco sfanfaronare ironico del vincente di turno (ah, le mode!), fino ad amare, e ad odiare poi, il denigratore della notte in cui tutte le vacche sono nere... Un vero guastafeste, questo Hegel. 

Anche un pò ipocrita, se posso azzardare!!

 Ma chi lo dice, poi, che quella condizione rimanda ad una stasi assoluta? Mi vanto di aver vissuto una situazione analoga e di aver potuto verificare di persona quanto mentono, su necessità esclusivamente propria, i filosofi. 

Una notte, in montagna, mi sono quasi scontrata con un cavallo nero, così nero da evocare il famoso "cavallo del west". Ero al volante della mia auto, ero in discesa, in curva e andavo a ritmo sostenuto. Il cavallo era invisibile, lo è rimasto fintanto che i fari del mio veicolo non lo hanno fatto apparire. 

E lo hanno fatto apparire quando era realmente molto vicino. 

Non potrei mai attribuire a quella situazione il carattere di staticità!
       Potrei dire che la sorpresa e lo spavento hanno attivato risorse nella mia persona tali da consentirmi di deviare l'ostacolo in modo fulmineo.
 O magari, che l'istinto di sopravvivenza ha provocato una tale produzione di adrenalina da azionare il pilota automatico che è dentro di me (e che si nasconde benissimo), o semplicemente, potrei limitarmi a descrivere la sensazione di gelo che mi ha pervasa...

 Ma lasciamo gli Esercizi di stile e proseguiamo.

Insomma, l'Assoluto, l'Anima Bella, l'Eterno, la Stasi, l'Estasi stessa... Lasciatemelo dire... Sono un falso! Un epic fail!!! 

 E lasciatemelo finalmente gridare, dopo tanto tempo perduto nel cercare di far quadrare un cerchio inesistente!! La colpa dell'esistenza è l'uscita dall'eden, la  disgregazione dell'apeiron, l'incarnazione dell'essere... L'uscita dall'indistinto generativo, che tutto accoglie e tutto contiene. 
  
  Ma che, davvero??
  
       Una carrellata di immagini  formalizzate nel corso della storia del pensiero, da oriente a occidente, ripropone l'Archè, il Principio, in modo omogeneo: un luogo oscuro, acquatico, indistinto, un infinito primigenio che per poter riconoscere se stesso deve soccombere all'orrore della divisione e, quindi, dell'accettazione del molteplice. 

E nel momento in cui si divide, Esso fa l'offesa. Produce l'errore, la colpa: la finitezza.

 I dispettosi di turno non mancano di rimarcare la facile evidenza per cui  l'Infinito, per rispettare la sua condizione, deve inevitabilmente contrapporsi al Finito... E che quindi, quel brutto anatroccolo della finitezza è parte costitutiva della perfezione sferica ... Un pò come dire che si può parlare di A solo in quanto si presuppone un NON-A... 

E giù tentativi, più o meno politically correct a portare l'acqua a quel mulino. E gira la ruota nell'acqua...

Fichte trova una costruzione razionale di "integrazione del diverso"che farebbe gola a Borghezio quando afferma apodiditticamente che l'altro può guadagnare  riconoscimento solo annullandosi davanti a chi lo riconosce, sparendo in esso (continua ad esserne quindi parte integrante e costitutiva, no?? Se la coscienza, per Essere, deve per forza estroflettersi verso l'Altro.... Dispettosa pure io!!); Schelling pone addirittura la "indifferenza tra ragione e natura" per indicare l'ideale connubio*... Ed Hegel raggiunge l'orgasmo nel descrivere una complessa e articolata fenomenologia dello spirito: l' Ereignis (l'evento, l'accadimento) che rende finalmente giustizia a quel miserabile uomo qui tanto schifato per la sua finitezza...Per poi riportare tutto di nuovo a sistema, in una perfezione asfissiante e irreale del Tutto Indifferenziato.

      Ero giovane, vestivo lana grezza a contatto diretto con la pelle, e indossavo scarponi pesanti. Mi esaltavo a sentire i "saggi" parlare dell'uomo, questo essere che sta qui, che accade e che soffre, che fa la storia preparando il futuro, come una freccia lanciata da un tempo passato...

 Non posso dimenticare la descrizione della storia elaborata da Hegel nella  sua Fenomenologia: essa assumeva la forma di una ferita, un processo vivo che si rimargina lasciando su di sè i segni del vissuto: la cicatrice, la finitezza, l'errore, la colpa... L'uomo.

 Finalmente l'uomo!! 

Ecco la rottura, finalmente. Tutto vero: l'Assoluto romantico era il buio statico, una notte scura popolata da animali scuri!! Non si vede niente!!

 Ma poi, accidenti, ecco che torna, come sempre sovrana, la Metafisica: l'apice della storia è nel logos, la ratio, l 'assoluta perfezione che tutto produce e che tutto contiene... Il tutto indifferenziato (seppure differenziato al suo interno, per quella bazzecola di secondaria importanza che è lo svolgimento della storia). 

L'inevitabile epilogo di un sistema metastorico che, nel pieno rispetto del meccanismo della retroazione negativa, ripristina il proprio equilibrio reagendo agli input destabilizzanti. E certo che poi "il Reale è Razionale e il Razionale e' Reale"!**  

Dove pensavate di andare? 
 :(

        Oggi, all'ancora non "cavallona avvocato", ma certamente "filosofa un pò pentita", sorge spontaneo un pensiero e si insinua maligno tra i miei neuroni: ma questo Indistinto, questa calda e umida rotondità accogliente, questo essere-insieme che non ammette separazione, che rifiuta la storica individuazione che la depriverebbe di cotanta perfezione... Questo principio asfittico che rifiuta di accettare la differenza quale effettuale atto d'amore... 

.... Tutto ciò mi ricorda qualcosa di poco altisonante e di molto "terragno"...Tristemente terragno e limitato... 

Ma non è che, per caso,...??!!?

        Insomma, è proprio necessario travestirsi da filosofi per  giustificare al mondo che la mamma è sempre la mamma? Che è più rassicurante rientrare piuttosto che uscire? 

L'azione individuale colorata di senso solo se posta in un orizzonte deterministico di programmazione  essenziale... Rassicurante??

 Raccapricciante!!   

L'hanno chiamata trascendenza, storicismo, metafisica, ontologia... Interminabili viaggi sfiancanti - sempre lo stesso? - sempre orientati al ritorno, alla non uscita, ostinatamente coatti in un loop senz'aria, verso quell'utero che tanto (s)comodamente avvolge!! 

L'aspetto finito della storicità non rimanda all'infinito potenziale erotismo dell'esistenza - come pure Heidegger, vigliacco traditore anche lui, sembrava accennare nella prima parte di Essere e Tempo - dove ogni gesto e ogni scelta rimanda all'universo delle possibilità aperte di relazione tra e con gli altri enti, ma a quell'essere-per-la morte che, nel rifiuto della sua condizione, preferisce rientrare nel ventre materno del già deciso e del non-può-non-essere-così.

       Scusate la caduta di stile se cito Francesco De Gregori che, nella famosissima Rimmel, definisce i poeti "brutte creature", perchè "ogni volta che parlano è una truffa". 

I filosofi, invece... (!!).

Sono un pò arrabbiata: ero irretita da certi simposi, ero stregata da certi esercizi, ero addormentata insieme con tanti altri. 
E mi illudevo di imparare, di capire, di liberarmi.

E si, perchè correvo, e mentre correvo le mie gambe diventavano robuste...

Ma correvo nella direzione sbagliata.




 * Si, certo, la natura è l'oggettivazione della Ragione, ma solo temporaneamente! La metafisica assume connotazione estetica. attraverso l'impatto emotivo con la natura, si coglie la tensione all'essere che segna il "percorso obbligato" verso il Ponente.

** E' il "grido di battaglia" con cui si sintetizza spesso il sistema filosofico di F. Hegel. E non a torto. L'aforisma indica che non esiste realtà che non sia frutto della razionalità, al punto che la realtà stessa viene identificata con il processo del pensiero. 
Hegel non consente dubbi: tutto ciò che accade non può non accadere, in quanto prodotto dal Pensiero. 
Tutto torna, tutto è giustificato da e in un orizzonte metafisico che riassume in sè la finitezza, il limite, la storia, e ingloba tutto ciò come un magma distruttivo.
 Lo storicismo hegeliano scivola violentemente nella metafisica di sempre...