In
questi mesi sono stata impegnata nello studio del Leanthinking,
una metodologia di progettazione della produttività (come
organizzare ciò che mi conviene fare per raggiungere l'obbiettivo
prefissato) che si fonda su due principi sostanziali: dichiarare
guerra agli sprechi, e ottimizzare al meglio le prestazioni.
Per
dirla in modo facile, uno spreco è un uso improprio di
risorse: quelle disponibili, come beni e servizi; ma soprattutto le
nostre, quelle personali.
Il
punto è che lo spreco di beni dipende soprattutto dal modo in cui
utilizziamo le nostre capacità: dal modo in cui le sviluppiamo, le
affiniamo e le contestualizzato all'ambiente di azione.
Alle
grandi organizzazioni, in oriente prima che in occidente, questo è divenuto ben chiaro, tant'è che i processi formativi rispettano
l'assunto di base per cui il fare degli uni ha sempre ripercussioni
sul fare degli altri.
Così,
la consulenza aziendale che alcuni anni fa era orientata direttamente
sul team, oggi sta muovendo, con convinzione sempre maggiore,
in direzione dei singoli individui, in supervisione, ed eventuale
revisione, dei modi e delle motivazioni che sottostanno alle azioni.
La
scienza ci informa che una buona percentuale delle nostre azioni, a
differenza di quanto crediamo, non è dovuta a scelte operate
consapevolmente, ma ad abitudini comportamentali, rinforzatesi via
via con la prassi fino a diventare automatiche, e ad imporsi
all'attore in contesti svariati, anche laddove non saranno garanzia
di successo: ha funzionato una volta, e quindi torno a servirsene
ancora.
Veniamo
agiti, insomma, da routine non sempre ottimali: una
incoscienza dagli esiti a volte nefasti per noi e per chiunque è
connesso. Routine che sono liberamente osservabili,
modificabili, eliminabili, oppure eseguite. A noi spetta la scelta:
se utilizzare le nostre risorse per ottimizzarne la resa, o ignorare
gli sprechi che, a partire proprio dalle nostre persone, si propagano
ovunque.
Ho
recentemente discusso la tesi di un master in Project Management:
un lavoro incentrato sulla leadership, sulla formazione, sulla
consulenza e sulle scelte ottimali, presentate in un'ottica di
confronto tra la cultura orientale, che fonda se stessa su una
capacità di visione analogica degli eventi, osservati in modo
sistemico e relazionale ad ampio raggio; e quella occidentale, che
invece erge il pensiero razionale ad unico strumento di conoscenza.
Insieme
con i principi teorici ho presentato un caso di consulenza aziendale
accaduto di fresco qui in occidente, condotto però con un approccio
innovativo di Auditing teso a rilevare e revisionare i processi
mentali inconsci e ripetitivi.
Tutto
si gioca sulle scelte che l'individuo fa per se stesso. E questo è il motivo per cui, nel mio lavoro, ho assimilato la leadership ad un
fenomeno culturale, ad uno stile di vita.
Per
chi volesse saperne di più, ecco il link:
Colgo
l'occasione per ringraziare il prof. Paragano che, in veste di
relatore, ha seguito lo sviluppo del mio lavoro con attenzione e
curiosità, ed il dott. Bernabei, professionista della consulenza e
dell'amicizia.